Testo e foto di : Maurizio Cristofolini

Seduto sulla poppa del catamarano, sotto un sole cocente, come un cecchino che conosce bene il suo mestiere, apro la custodia della canna da traina e inizio il rito del montaggio: i 4 pezzi che compongono la mia Diplomat, un gioiellino dell’ Italcanna con anelli placcati oro, si inseriscono perfettamente l’uno dentro l’altro. 54 cm di tecnologia (smontata) con fibre di carbonio e fili dorati annegati nelle resine ne esaltano le capacità e la bellezza lasciando a bocca aperta i pescatori d’altura professionisti che mi osservano dall’altro lato della banchina. Anche se appena rientrati con notevoli prede, grossi marlin e wahoo, restano incantati e si avvicinano per vedere un pezzo di pura arte italiana. E il colpo di grazia glielo diamo quando montiamo il mulinello: un magnifico Gladiator 6.0. La stagione è quella giusta e il mare è perfetto per praticare la traina. Facciamo cambusa per qualche giorno e il pieno d’acqua, quasi 800 litri. In giro per le isole non è facile rifornirsi e fermarsi per fare acqua fa perdere tempo prezioso alle vacanze. Lasciamo l’ormeggio e fuori dalla baia di Le Marin, in Martinica, dirigiamo verso sud la prima tappa sarà St.Lucia, 28 miglia da percorrere con un bel vento di 25/27 nodi al gran lasco. Come usciamo dal canale, segnalato dalle boe che ci aiutano a superare bassi fondali e banchi di corallo, “buttiamo giù” 25 metri di filo dello 0,40, terminale in acciaio e un rapala da 12 cm, piccolo, ma quello che basta per prendere un pesce sufficientemente grande per tutte le 8 persone di equipaggio. Non siamo a caccia del mostro ma solo della cena. Il primo tratto di navigazione, pur essendo molto pescoso, non ci porta fortuna, forse siamo troppo veloci: con questo vento il catamarano fa 10/12 nodi di velocità. Pazienza. Ormeggiamo a Marigot Bay che è già quasi il tramonto e ci accontenteremo della solita “insalatona”. All’alba del giorno successivo, mentre tutti dormono, esco dalla baia col motore al minimo e costeggiando l’isola sottovento mi dirigo verso la punta sud.

Quando il sole spunta da dietro le colline il rapala specchiato comincia a fare il suo dovere e nella scia schiumosa della barca si aggancia un tonnetto, niente di cui vantarsi ma è già qualcosa per incominciare.Attraversiamo anche il canale tra St Lucia e St Vincent, altre 30 miglia. Prendiamo una mano di terzaroli per ridurre l’andatura ma nonostante la riduzione di velocità a 8 nodi ancora niente. Solo una cattura, un pesce? non sappiamo cosa, che durante il recupero si è slamato. Passiamo la notte a Cumberland Bay, un posto magico senza altre barche intorno e senza case sulla spiaggia.

Il giorno dopo ripartiamo alla volta di Bequia una delle più suggestive isole dei Carabi. Una volta avvicinati alla baia di Port Elizabeth e ormai senza speranza, il mulinello parte alla velocità della luce con quel rumore tipico che rende felice ogni pescatore. Molliamo le vele e ci dedichiamo tutti al recupero.

Dopo una decina di minuti di combattimento issiamo a bordo un bel wahoo di 6/7 kg. La cena è assicurata … e anche il pranzo di domani. Siamo al 3° giorno di navigazione e le cose cominciano a mettersi per il verso giusto.

Altre importanti catture ci aspettano più avanti ma sempre nel rispetto del mare. La nostra regola è: solo un pesce, quel tanto che basta per evitare di fare la spesa e poi si smette di pescare fino al giorno dopo.